La Grangela. E' una rara ed interessante opera idraulica di età sicuramente preellenica ad un centinaio di metri dal Municipio che si apre in via Santa Maria, oggi facilmente visitabile dopo i recenti restauri. Si tratta di un pozzo del tipo "filtrante" che serviva all'approvvigionamento della città antica. La cavità, però, non ha la comune forma cilindrica dei pozzi per la raccolta delle acque, ma di un rettangolo irregolare percorso da tre rampi di scale destrorse che girano attorno al pilastro centrale finestrato in tre punti. La struttura verticale è profonda circa 12 metri dal piano stradale e continua poi in un vano che penetra nella roccia per circa 7 metri largo e alto due metri. Ai lati di questo vano si trovano quattro cunicoli che giungono alle falde acquifere per trasferire nel vano centrale di raccolta l'acqua. Sicuramente nei periodi di piena l'acqua veniva attinta dall'alto, quando invece il pozzo entrava nei periodi di magra gli antichi licatesi vi attingevano l'acqua scendendo dalle scale sino ad arrivare alla vasca di raccolta.
La prima sala ospita i reperti della Montagna, identificata con lo storico Eknomos: Serra Mollarella, Poliscia, Rocca San Nicola, Pizzo Caduta, Contrada Colonne, Monte Sant'Angelo, Cotturo. Dalla Mollarella, sede di un thesmophorion, un santuario all'aperto per i riti ctoni, riservati a Demetra e Kore, proviene una grande quantità di materiale votivo, sepolto nella sabbia o raccolto in una stipite, costituito da vasetti tardo corinzi, statuine figurate di divinità o di offerenti, ex voto, corredi di sepolture greco-arcaiche. A Pizzo Caduta, un sito abitato dal neolitico all'età greco-arcaica, appartengono i tantissimi strumenti in selce ed in ossidiana, gli utensili di tradizione paleolitica, i microliti in selce di tradizione mesolitica, e molta ceramica della facies di Stentinello. In contrada Colonne è stata scoperta ceramica del tipo buccheroide e della facies di Serraferlicchio, dipinta a segmenti scuri divergenti e a banderuole su fondo rosso lucido e rosso violaceo. Si tratta di olle e attingiti in genere. Da Monte Sant'Angelo proviene la statua marmorea acefala della 2a metà del V sec. a.C., forse di Demetra (alt. cm. 86,5), stante sulla gamba destra. La figura indossa un peplo.


La seconda sala riunisce i reperti archeologici proveneinti dal Casalicchio, una località agricola a circa 6 km. a nord-est di Licata. Si tratta di ceramica neolitica impressa della facies di Stentinello e di Diana. Numerosi sono gli utensili in selce (microliti di epoca mesolitica), utensili litici e di ossidiana, anfore ed attingitoi di epoca castellucciana. Le deposizioni votive (terracotte figurate e di offerenti dal VI al IV sec. a.C.) e le ceramiche tardo corinzie, attiche a figure nere e rosse, i vasi di produzione locale e i tanti pani di bronzo provengono dal santuario ctonio di Demetra e Kore, portato alla luce nella zona.


La quarta sala espone i reperti scoperti nell'insediamento capannicolo dell'età del bronzo di Canticaglione, parzialmente indagato dagli studiosi, limite orientale del territorio di Licata con quello di Bufera. Si tratta di reperti litici (mazze, asce, lame di selce, macinelli) e di ceramica a bande nere su fondo rosso della facies di Castelluccio. Sempre in questa sala fanno bella mostra i reperti di uso domestico del periodo greco ellenistico, provenienti da contrada Solito, Mintina e Agrabona. Da Monte Petrulla, presso lo Stretto, provengono i reperti dell'età del bronzo recuperati presso una vasta necropoli a grotticella artificiale: utensili litici e vasi della cultura castellucciana.
Nella quinta sala sono esposti i reperti dello scavo fatto a Madre Chiesa, contrada a 10 km. ad ovest da Licata e a 3 km. dal mare di Gaffe, dove è stato portato alla luce un agglomerato di capanne del Medio Bronzo della cultura di Tapsos. La sesta sala ospita i reperti del villaggio, della necropoli e del santuario della cultura di Castellucio del Bronzo Antico, scoperto alla Muculufa, un'altura sul Salso a 20 km. dalla foce. Sono fruttiere su basso piede e brocche con colletto cilindrico, fruttiere su alto piede ed attingitoi. Nell'atrio del chiostro della Badia sono custoditi numerosi elementi architettonici dell'abitato greco di Monte Sant'Angelo (capitelli, colonne, frammenti di trabeazione, macine in pietra lavic
a), vari sarcofagi provenienti dal convento del Carmine e due interessanti gruppi statuari di ottima fattura e di grande pregio artistico: la Madonna del Soccorso del 1470, della scuola del Gagini, alta cm. 110 e posta su un basamento ottagonale. Proviene dall'aula consiliare del Municipio, ma appartiene alla chiesa del Soccorso dei PP. Agostiniani non più esistente e le quattro Virtù Cardinali (alt. cm. 116) in marmo bianco del sec. XV, opera certa del lombardo Pietro di Bonitate o Boutade, attivo in Sicilia dal 1466 al 1501. Provengono dal convento del Carmine ed appartengo alla struttura di un maestoso sarcofago.